per essere un lunedì ho lavorato il giusto: serratissimo dalle sette fino all'una; per firenze, per ivrea, per milano. quindi, come volevo fare da giovedì, quando improvvisamente c'era tutto quel sole inutile a milano, me ne sono venuto al mare.
cianciano pensionati livornesi, berciano di gozzi e berlusconi quasi uguale e bestemmiano d'abitudine.
ho messo i piedi in acqua che ci sono solo due gabbiani e i ricci fra i sassi.
pensavo: senza tutti quegli anni in toscana, immagina avessi studiato qui: adesso parlerei comm'a chist. col voi, con la drammatica indifferenza fatalista, con il titolo prima del nome. ingegNiére: volete venire a vedere qua ch'è succieso? lo gradite un caffé, ingegnere? non mi permetterei mài vicino a voi, ingegnere!
mi prenderei dei caffè sopraffini (alcuni. altri chiaviche esattamente come altrove: la differenza è che qua ti dànno sempre un bicchere d'acqua col caffé -e spesso è un poco effervescente- e ti avvertono: è amaro. lo so: e così lo voglio, òi brìggida; cu 'stu nome ca Tasse Kafee parìte)
da piazza bellini al chiattillame di filangieri me la faccio a piedi, vedo com'è. curiosi eccentrici vanno in motorino col casco. banalmente la gente passa col rosso, le persone parlano a voce alta e s'informano di tutto: davanti al gambrinus tre ambulanze, uno mi chiede: scusate, sapete che è stato?
davanti a un tabaccaio: giocatevi a gheddafi: 22, 18, 90 (o pazz', 'o sang, novanta lo sanno tutti). due metri avanti, un tipo ruvido con la voce chioccia e rauca muove un burattino con la faccia di pagliaccio, brutto: 'o quaquà, 'o ball' quaquà, accattatteve 'o quaquà.
le donne a napoli si vestono diverse: vezzose le ragazze, incipriate luccicose e caramelle, come una barbie prima comunione, un poco ciotte: stai bene a mammà, ti sei 'ngrassàta. le femmine scure si mettono certi tacchi e dei pantaloni azzeccati e io vorrei avere una fidanzata con quelle sopracciglia così piene e avvellutate che certe brune napoletane hanno naturali. le bionde se non sono eteree e granòle dànno talvolta impressione di lunga esperienza, cosa che in genere non si confà ma che può cogliere estimatori, eziandio.
"prufessò", mi chiama nunzio. nunzio, ma perchè a Fogliano lo chiamate ingegnere e a me fate tutte ste cerimonie? non mi potete dire solo ingegnere pure a me? perché, dice: "voi mi ricordate il mio professore di elettronica, èovér ingegne'?" nunzio si lamenta, indicandosi: "ingegnere, mo' però amm'apparà: che qua stann sul' 'e strunz a faticà!" però siccome sul cantiere la confidenza insomma, va un po' misurata, faccio notare che non è il solo a lavorare di domenica. "no prufessò: io a voi, e non mi permetterei mai!"
milano, linea metro M2, è un venerdì sera di marzo, fuori fa freddo, la gente torna a casa o va a un aperitivo.
nella carrozza riscaldata d'aria secca, sarà stato a loreto, entra un ragazzo nordafricano. i jeans, il giubbotto i capelli ricci: sarà tunisino, marocchino: nordafricano. è ubriaco. l'ho già visto fare agl'africani: ascolta la musica dal suo telefonino. l'altoparlantino stremato distorce una nenia fastidiosa, lui balla dimenandosi, talvolta urla. la scena è un po' spiacevole ma niente di grave, totale indifferenza nel vagone. un paio di fermate dopo scende cantando esaltato. una signora seduta accanto a me è stata zitta come tutti; si sarà guardata, come tutti, le scarpe: "povera italia", la sento commentare. qualcosa di strano nella voce. mi volto a guardarla è evidentemente peruviana.
ma che cazzo vuoi?!
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napoli, una settimana dopo. fermata garibaldi: salgo sulla metro
entra uno con una chitarra, normale, e fa un discorsetto signori miei voi lo sapete, la vita è dura, io mo' sto facendo questo lavoro per necessità vi canto una cosa che se vi piace poi mi lasciate una moneta e mi aiutate. si mette e svogliatissimamente canta: io te voglio bene assaje quando finisce dice grazie, grazie. e commenta io però me so' scucciàt e fa' sta vita io continuo fino a settembre poi a settembre cambio lavoro. è vero prufessò? faccio bene? e, la chitarra a bandoliera, si siede accanto a uno, presunto prufessò, il quale prende a parlargli, distaccatamente. ma se po' fà sta vita? e pure o' prufesso' non gli dà torto.
mentre così, a una fermata si aprono le porte ed entra un complessino caraibico: uno con la fisarmonica uno con la chitarra uno coi bonghi uno con un flauto e uno col contrabbasso
col contrabbasso! alto quanto a lui, giallo!
e iniziano caravànpetrol in versione cubana: una festa nel vagone: ritmi, canzoni, donne di sogno banane lamponi.
quando il treno arriva a piazza amedeo se ne scendono suonando suonando
il posteggiatore, con la chitarrina a tracolla sta ancora seduto accanto al professore. li guarda con un poco di fastidio.
sono contento quando dormo a casa mia quando entro e chiudo la porta mi metto sul divano nero
casa mia è abbastanza scarna perchè ho smesso di arredarla quando è iniziato questo nomadismo di lavoro eccetera
infatti entri e c'è l'intresso che a sinistra potete ammirare una libreria expedit nera
e sotto la libreria c'è come phosse un pouff che invece è una poltrona letto che dentro ci dormo io quando vengono ninetta e lino a trovare il figliolo e tale poltrona è di colore nero
le pareti sono tipo giallino e sul soffitto corrono le travi che in effetti il soffitto è il sotto tetto perché sto all'ultimo piano con il tetto spiovente
questa casa facciamo che era un mulino ma no un mulino come donchisciotte, che pure devo ammettere con fastidio che certe volte ci starebbe
era un mulino industriale anni 40 un palazzone che pare un poco un ospedale ma invece è bello
meno bello di un mulino antico però fidatevi che è bello
no, è bello
nell'intresso poi invece guardando a destra c'è il suddetto divano poi, sopra il divano di cui sopra, ci sono delle mensole che invece sono lampade o viceversa perchè si illuminano e tengono i libri o viceversa
e colorate però: bianche e arancioni
lungo la stessa parete c'è un'altra libreria nera, di plastica, componibile a quadratoni come expedit ma no expedit
poi ancora più avanti c'è il tavolo di vetro che è stato un pacco e me lo voglio cambiare perché è scomodo. perché è delicato e io voglio un tavolo che ci devo salire sopra
di fronte al tavolo c'è la cucina. la cucina è banalmente di ciliegio con il piano di lavoro abbastanza blu e il lavello e i fuochi la cappa e il frigorifero
il frigorifero è bello grande ma tiene un sorto di freezer che io non lo uso mai di solito ci sta giusto il ghiaccio per il whiskett? direte manco, che lo bevo liscio
però non si sa mai metti che serve ce l'ho e sennò che ci metto nel frigorifero
sono cose da maschi (mi dicono); sì, può essere.
e poi continuando sempre sulla stessa parete passato una specie di dente nel muro che separa la zona cucina dalla zona soggiorno c'è una scrivania
la finestra sta di fronte alla porta e separa la cucina dal tavolo, per dire così
quando entri la vedi dall'intresso che è da dove si trase
quindi questa scrivania coi computer co la radio
tre computer mo' due perchè uno sta qua (visto che sono nomade) e il modem e le altre cose compresa la playstation che però se non mi compro una scheda tv non la posso usare più.
ho comprato la playstation con dentro granturismo e non l'ho mai aperta per cambiare gioco modestamente me la cavavo
ne comprammo due io e donato che dovevamo fare le sfide però non le abbiamo mai fatte le facevamo quando stavo all'altra casa che abitavo con altri e le facevamo tutti le sfide anche a diversi giochi diversi ma granturismo ci piaceva immensamente e così quando cambiai casa si disse ma poi non giochiamo più? nooooo, figurati! e infatti mai più giocato
insieme alla scrivania ci va la mia poltroncina bella bella di legno e paglia di vienna
e così è finita la zona giorno senza aver citato l'attaccapanni rosso e nero di panno lenci della mia vecchia infanzia very vintage: sono quattro cosi rossi co in mezzo dei funghi rivestiti di skai. anni 70 origginale
ma lasciamo la zona giorno e addentriamoci nel resto della magione oltrepassando una porta scorrevole si accede ad un piccolo locale che, per le sue caratteristiche di scarsa rappresentatività, diremo disimpeeeegno
il disimpeeeegno
sì perchè non è un posto dove uno deve fare la lotta di classe vive così ci si passa: è il disimpeeegno oggi come oggi, il disimpeeeegno
uno una volta aveva una coscienza politica oggi invece c'è il disimpeeeeegno
è un po' figlio dei tempi è così la seconda repubblica, peter pan, il berlusconismo, il grande fratello, la società dell'immagine il disimpeeegno per dire, io ci tengo la lavatrice
il disimpeeegno insomma, che dietro a una veneziana nasconde un ripostiglio con le scarpe e altre cose ammonticchiate
fortemente metaforica questa zona della casa
e pensare che non è che due metri quadri, forse meno. ma la sua natura lo abbiamo detto qual è e quindi.
comunque
da lì si può andare indifferentemente verso la camera da letto o verso il bagno. indifferentemente nel senso che arbitrariamente o anche dandosi un'aria di sinecura
vado di qua, entro nella camera da letto dove troviamo la cosa più brutta della casa ovvero la maniglia della porta
non la posso vedere la devo cambiare è l'unica maniglia
la posso prendere pure d'oro zecchino una è ma quella non la posso vedere
che tanto quella porta sta sempre aperta la potrei pure togliere, la porta. ma cambio la maniglia
nella camera da letto sorprendentemente c'è il letto
ampio e senza rete per dire che bisogna assumersi le proprie responsabilità
che proprio la rete non ce l'ha è tutto un fatto di doghe che sono anche a vista e sulle dette doghe si poggia il materasso il matera sso il ma tera sso è il massimo che c'è
il letto è prevedibilmente nero da una parte ci ha le ruote
tadao che non è esclamazione da fumetto tadao! di sorpresa mi son sentito dire: avrei detto un letto da maschio ma mi pareva equivoco equivoco sarà lei io sòno maschio tadào!
accanto al letto, dalla parte mia c'è una scatola di cartone sulla quale è appoggiata la radio
la scatola di cartone è la scatola della radio ninetta sforma oltremisura per la faccenda della scatola tiene ragione pazienza
nell'angolo quasi invisibile come l'iceberg del titanic ieratico sorge
pax lomen
l'unico armadio del giubileo distribuito da ikea capace e cassettato esso contiene tuttocoso sebbene misurato
pax lomen vobiscum domine dixit sempre sia lodato
e c'è anche una finestra dalla quale si vede la collina verde e il campanile, chilemmu'
sguarnite le pareti non saprei che metterci
prima o poi vedrò due sciabole o una copia di playboy, un paginone d'antàn con ancora qualche delicata boscaglia che adesso non si usa più. mah. magari due sciabole sciabole non ci avevo pensato il colpo di genio che ti risolve.
invece il bagno tiene quest'altra porta scorrevole e ci ha la vasca e il termoarredo, che è un termosifone fatto a scala, c'è chi scende e c'è chi sala, e ci appendo l'accappatoio
uno specchio quadrato che voglio cambiare anche quello e un mobiletto che è ikea ma non pare
a terra un tappetino a forma di fiore coi cinque petali tutto verde e in mezzo giallo (ma che bello pappagaaallo) coin 16,99
andavo al liceo con il nipote di manunzio, il professore manunzio anch'egli nella forma e nel colore
costui supernamente rattuso, sia detto incidentalmente, ancorchè giovanetto
comunque costui giovanetto elaborò e produsse una teoria filosofica neoplatonica nota come la filosofia della mastranza
che ti vado ad esporre
la teoria prevedeva l'evoluzione dalla materia grezza alla pura forma
l'evoluzione si espletava percorrendo gradi discreti, livelli di specializzazione crescenti e perfezionamento continuo ma quantizzato, richiamandosi senz'altro inconsapevolmente a bohr ma più immaginificamente ad un certo numero di bottiglie di peroni dove di ognuna delle quali il livello s'abbassa in modo continuo e però per continuare devi passare ad un'altra bottiglia, tutt'affatto separata e con nessuna transizione fra le due successive.
la teoria era applicabile a tutti ed ad ognuno ed aveva una base amplissima (la materia informe) ed un vertice di verità (pura forma)
la materia era costituita dall'uomo insipiente e di bassa levatura, esperienza ed evoluzione.
il Filosofo lo chiama, con chiaro intento di speranza: discipulo.
il discipulo non è niente, non sa niente, può solo imparare; però in quanto discipulo altro non deve che imparare. sceglie arbitrariamente una sua specialità e se ne impossessa con l'esperienza e così risale i gradi della mastranza da discipulo in suso fino al vertice spirituale della pura forma: il Mastrangelo termine inarrivabile, naturalmente
il discipulo, creandosi, passa i vari gradi, dicevamo. essi sono:
il passaggio di livello è decretato dal Mastrangelo (superiore allo sceriffo) che lo accerta con il dire:
sì nu màst!
pare superfluo precisare che il Mastrangelo, che tutto sa e tutto in sè assomma, era lui medesimo: giovanni manunzio da motta, il paesello che gli diede i natali: motta montecorvino.
questo gli provocò qualche critica da parte di feyerabend e adorno ma lui non se ne diede per inteso, il Mastrangelo iév d'a mott'*
"e poc me ne fott'" pare avesse risposto, infatti, alle contestazioni dei due filosofi
adesso giovanni manunzio lavora all'agenzia delle entrate di vasto.
l'ho visto a natale scorso. rubicondo e rubizzo, le guance di putto, i fulvi capelli ricci e gli occhi cerulei e sporgenti siccome tiroidei opimo dell'epa com'uomo signorino vestiva un completo cangiante e una cravatta rosa già vista nella puntata di derrick addosso ad un tenutario di bordello bavarese rosa cherubino lievemente perlato, sì
le mani larghe e dalle palme sudate in fondo ai bracci dell'alta persona gli conferivano il dinoccolare dell'ebbro anche quando appena sveglio, così che chi lo vedesse non poteva esattamente inferire nè approssimare da quando si fosse levato, nè da dove. stupì, nel gruppo della sua compagnia, di vedermi
negletta la presenza d'altri a lui noti d'adolescenza e lieto ruzzare, che di contro non ebbero dubbi ancorché dissimulassero fra timore e riserbo, e illuminatosi negli occhi d'etile che già dicemmo cilestri esordì come vent'anni fa:
abbiamo fatto insieme medie e liceo poi lei fece la luiss in un quarto d'ora, venti minuti
(io invece il solito lento)
diventò un supermanager mondiale della solita multinazionale americana diamond life finché non ebbe una crisi mistica che ancora l'attanaglia
eh mi ricordo quando quattordicenni ballavamo i lenti
(porta pure ma non entriiii)
e dicevamo come sarebbe stato il futuro (che fesso, ballavo i lenti e invece di limonare...) ma tu non hai paura di una vita normale? e io dovetti dirle qualcosa di molto convincente perché lei mi strinse e mi disse madonna, è proprio così (e limonare niente)
(maaaa perché siete così? io che credevo, io che speravo, fantastico zimbello io)
e ora lei gestisce un ristorante toscano in california e io insegno cose che non ho mai imparato a studenti americani in effetti non si può dire che facciamo cose comuni
una volta tanto ho avuto ragione e con venticinque anni di anticipo
clarabella strombìno fu, per un breve* tratto di tempo, detentrice di gambe pregevoli, lunghe almeno sessanta denari e però con quella figura nasuta, adenoidale, la voce chioccia.
non so dire come mai, ma da ragazzo l'associavo ai cavalli per via del suo nome che trovavo tremendamente evocativo. probabilmente per via di orazio. orazio e clarabella.
clarabella strombìno viveva in un condominio con un cortile che poteva sembrare come le case di ringhiera. suo padre era pettinatissimo come un maestro di tango o un postino.
me la ricordo in una foto della scuola con la tuta da ginnastica con le strisce di lato, celeste, le scarpe superga; siccome avevamo il sole in faccia non riuscivamo a guardare nell'obbiettivo e piegavamo la testa come a volerci fare ombra, che ne so, col naso? strizzando un occhio contro il sole per guardare coll'occhio più indietro, anche la bocca tesa in tutto quello strizzare, recuperare pelle e carne per guardare controsole in un piazzale di cemento scolastico bianco di giugno in quella smorfia che poi le mamme avrebbero detto sgribbia.
sembravamo appesi, in quella foto. composti in un gruppetto ginnastico di quarta elementare, clarabella strombìno spiccava per altezza e sgribbia. pochi anni dopo avrebbe messo ballerine e calze coprenti e un vestitino a sbuffo che chissà se davvero mi ricordo e se mi sto inventando e io avrei detto: però.
* breve nel ricordo di chi racconta queste immagini con una crudele prospettiva telescopica schiacciandole senza profondità
da maciachini abbiamo preso un autobus, per via bellerio. ho guardato la fermata, non è distante. l'ho letta e immediatamente dimenticata. mi verrà in mente quando saremo lì, mi dico.
no ma perché non chiediamo?
e allora chiedo al conducente nonostante sia fatto espresso divieto di dargli parlamento mentre che guida.
conducente, qual è la fermata per via bellerio?
il conducente dice: aeh. è questa. o è la prossima. ma non v'assicuro niente.
il conducente era smaccatamente campano
allora scendiamo alla prossima ma quello era stato troppo cauto e di via bellerio che doveva aprirsi alla nostra destra nessuna traccia. vabé non sarà distante, chiediamo.
per strada tutti cinesi. chiediamo a loro. tutti gentilissimi ma nessuno lo sapeva.
e noi dentro di noi ridevamo di questa cosa che erano tutti cinesi.
e io mi vergognavo perché avevo letto qual era la fermata giusta ma non me lo ero ricordato
bella figura di merda, dicevo a daniela
ma questo è il quartiere orientale? chiede lei bah, siamo piuttosto a nordovest sì ma dicevo è il quatiere orientale? no, il quartiere orientale è piuttosto centrale, è in paolo sarpi ma questo è un quartiere orientale
sembriamo i monty python bar dragone verde, mangiamo qualcosa? mmm, dragone verde?
a un certo punto abbiamo detto oh, è l'una e mezza, chiediamo in questa trattoria sarda
entriamo e chiediamo l'informazione prima: ci dicono ah ma è là, da qua saranno duecento metri
ah allora possiamo mangiare qui?
aio!
e ci siamo seduti e abbiamo mangiato
un pane carasau, fantastico
il posto era ridicolo, finto, ma erano sardi veramente
poi hanno portato dei panini bianchissimi che sembravano mozzarelle, con ancora un poco di farina sopra. daniela se ne voleva portare uno: ha detto poi me lo metto in borsa.
mi sono fatto spiegare che era su piattu de la sposa (sicuramente non si chiama così), ho detto no, gli spaghetti no (che schizzano)
ci siamo mangiati delle laganelle con le verdurine e i funghi freschi: su piattu eccetera.
buoni, caldissimi (ho pianto al primo boccone)
è vero che ci porta un altro po' di pane carasau? (toglilo che è buonissimo) io l'avevo sempre snobbato: è buonissimo.
mentre così, ci scippano il cestino coi panini bianchissimi. daniela ci rimane un po' male però fa spallucce e sorride.
insomma prendiamo il caffé
e quando ci portano il conto
(faccio io, no faccio io, ma figurati, ma ti prego)
dico: quindi via bellerio?
la tipa ci guarda e con distacco tutto sardo dice dovete andare alla Lega?
con un certo dispiacere lo dobbiamo ammettere
sì
arrivate all'incrocio con la banca intesa e girate: è lì
arriviamo all'incrocio suddetto
vicinissimo
c'incamminiamo per via bellerio
periferica
qualche villetta da geometra
incrocia con via annibal caro
ci vengono incontro due
dico scusi
nemmeno finisco di dire
solo scusi ho detto
per la lega dovete andare dritto
ridiamo
incrociamo un'altra sciura
dico mo' glielo chiedo
poi però daniela ha detto no dai
poco più avanti vediamo una pattuglia dei carabinieri
madonna, la sede della Lega
tristissima
sembrava una vecchia scuola media
di verde c'era poco
c'era una ragazzetta acidissima, di bergamo
abbiamo parlato con un giovane consigliere comunale di bergamo, sempre
daniela gli chiedeva le cose, lui era contento di tutto, ci diceva della campagna per la sicurezza, dei loro deputati, dei gazebo, di una sua amica che era del pd e si è "dovuta ricredere": hanno fatto anche un simpatico confronto tipo l'intervista doppia delle iene, bello.
non sai se ridere o spararti
sanno tutto loro
una risposta per tutto
e la risposta è la più semplice di tutte
poi abbiamo dovuto concordare le cose con un onorevole
onorevole
che poi daniela ha realizzato essere quello che ha fatto un'interpellanza parlamentare perchè leggere anna frank al liceo è osceno
secondo lui
poi ho visto
signore perdonami
questi occhi hanno visto
l'orrendo salvini
quello che voleva i posti in metropolitana per i milanesi
quello che adesso è eurodeputato perché da deputato di questa Repubblica si fece riconoscere su youtube dicendo che i napoletani puzzano e si difese dicendo: ma io scherzavo, erano cori da stadio
giallo, la cravatta col sole delle alpi -'sto capraro- il direttore subumano di radio padania
al telegiornale (telegiornale mo': studio aperto) si comunica alla nazione l'omicidio d'una maestra elementare nel milanese, una fastidiosa impasse nella causa di santificazione subitanea di karol woytila e la tremenda sensazione destata dal fatto che carla bruni sarkozy è andata ad un incontro ufficiale senza il reggipetto. e dal vestito s'intuivano le sise!
poi, servizio sugli imminenti oscar. segue trascrizione di stralcio di conversazione:
"il film di kathryn bigelow ha nove nomination: nove nomination, come àvatar"